Le nozioni comunemente utilizzate
nella registrazione audio analogica non possono essere applicate nello stesso
modo in una registrazione digitale.
In un sistema analogico era
consuetudine registrare il livello del suono più alto possibile, senza
preoccuparsi troppo del superamento della soglia dei 0 dBu indicati dal
VU-meter; poco importava se picchi del segnale superavano questo limite perché
il sistema analogico è stato concepito per tagliare (clipping) i segnali audio
ad un livello di +22 dBu, quindi con un ampio margine rispetto al valore di
riferimento di 0 dBu. Il motivo di tale comportamento è da ricercare nel fatto
di dover minimizzare il rapporto tra
suono e rumore di fondo.
Un’altro fattore da tenere in
considerazione del sistema analogico sono gli strumenti VU-meter, tali dispositivi indicano il valore medio del
segnale audio e non mostrano i picchi transitori.
I sistemi analogici professionali
utilizzano come livello di riferimento di registrazione il valore di +4 dBu
alzando quindi ulteriormente la soglia di clipping fino a +26 dBu.
Nelle registrazioni digitali
tutti questi concetti non sono applicabili.
Prima di continuare è bene
chiarire alcune nozioni e le differenze tra le unità di misura del sistema
analogico e del sistema digitale.
Il primo concetto da capire è la
definizione di “margine operativo” o in gergo tecnico “headroom”, ovvero la
differenza (espressa in dB) tra il massimo livello sonoro che un sistema può
sostenere senza distorcere il segnale (clipping level) rispetto al livello di
riferimento standard (reference level) dello stesso sistema. Il sistema
analogico ha un headroom di 22 dB, tale risultato deriva dalla sottrazione del
massimo livello di registrazione senza distorsione (+22 dBu) e il livello di
riferimento standard (0 dBu).
Il concetto di headroom, come
vedremo più avanti, è molto importante nelle registrazioni digitali ed è il
principale fattore che determina la corretta registrazione del segnale audio e
la possibilità di gestire tale registrazione nelle successive fasi di editing
del suono.
Un’importante differenza tra
analogico e digitale è l’unità di misura dei livelli del segnale audio: nei
sistemi analogici l’unità di misura è il decibel riferito a 0.775 Veff che viene indicato con la sigla dBu;
nei sistemi digitali, invece, il livello del segnale audio si misura in dBFS (decibel Fondo
Scala) e il massimo livello di registrazione oltre il quale il suono viene
registrato tagliato e quindi distorto corrisponde a 0 dBFS.
In figura 1 è possibile vedere graficamente le relazioni tra
i diversi sistemi di registrazione analogici e digitali, e confrontare i
livelli di riferimento.
Fig. 1
Sempre dalla figura 1 si può notare come nei sistemi
digitali, per avere un headroom assimilabile al sistema analogico, il livello
di riferimento si attesta a -18 dBFS per l’audio digitale a 24 bit (EBU), e a
-12 dBFS per l’audio digitale a 16 bit.
La vecchia pratica di registrare al limite del valore
massimo non deve essere più utilizzata con i sistemi digitali, soprattutto se
stiamo lavorando su un progetto con più tracce audio (voce, musica di
sottofondo, effetti sonori, ecc…) che dovranno quindi essere miscelati in
post-produzione per arrivare al risultato finale.
Bisogna imparare a considerare il livello di -18 dBFS (24 bit) e -12
dBFS (16 bit) come se fosse l’indicazione 0 dBu o 0 VU dei precedenti sistemi
analogici, solo in questo modo si riesce ad avere un headroom che ci permette
di registrare in sicurezza ampie variazioni sonore.
Nei sistemi digitali, segnali superiori a 0 dBFS vengono tagliati e
distorti in modo molto diverso da un sistema analogico; in figura 2 è possibile
vedere il clipping analogico e il clipping digitale – si può notare che nel
segnale digitale l’onda non è solamente tagliata, ma ci sono delle oscillazioni
e delle variazioni dovute ad errori di calcolo dell’interfaccia A/D – tale distorsione
è più udibile e decisamente più fastidiosa rispetto a quella analogica.
Fig. 2
Clipping di un segnale audio a 1KHz sinusoidale
Un altro parametro da tenere in considerazione è il
rumore di fondo (noise floor), infatti alcuni pensano che diminuendo il margine
di headroom (quindi tenere un livello di riferimento più alto di -18 dBFS, per
esempio 6 dBFS) si possa massimizzare il rapporto segnale/rumore del sistema
di registrazione. Tale pratica è inutile se il rapporto segnale-rumore della
sorgente è significativamente peggiore rispetto al sistema di registrazione
utilizzato.
Il rumore di fondo è definito come qualsiasi segnale diverso da
quello monitorato, e si misura sommando tutti i rumori sorgenti e i
segnali indesiderati all'interno del sistema di registrazione.
Il rumore di fondo teorico di un dispositivo analogico, ad esempio un
mixer, è intorno a -100 dBu, mentre in un sistema digitale è di circa -144 dBFS; partendo
da questi dati si può ricavare la gamma
dinamica dei due sistemi di registrazione.
Nel sistema analogico la gamma dinamica (teorica) è di 126 dB.
Calcolata in questo modo: clipping level (26 dB) + noise floor (100 dB)
= 126 dB.
Nel sistema digitale (24 bit) la
gamma dinamica (teorica) è di 144 dB.
Calcolata in questo modo: clipping level (0 dB) + noise floor (144 dB) =
144 dB.
Quindi, lavorando su un sistema digitale con un livello di registrazione
medio di circa -18 dBFS siamo sicuri di lavorare in sicurezza e nello stesso
modo ad un sistema analogico professionale.
In ogni caso il rumore di fondo di dispositivi analogici (microfoni,
pickup, tastiere, synth , ecc…) in un comune ambiente acustico sarà
superiore a quello del sistema digitale utilizzato per la registrazione, quindi
la diminuzione della headroom non porta alcun vantaggio alla qualità della
registrazione, anzi un margine di headroom minore potrebbe causare problemi di
clipping sui picchi del segnale, soprattutto se si sta registrando un evento
live dove non si può prevedere a priori il livello del suono da registrare.
Esiste una certa confusione tra i media in commercio, quali ad esempio i
CD o gli MP3, che sono rilasciati con un livello di picco a 0 dBFS, con un
piccolissimo margine di headroom, e la necessità di un margine di headroom
molto superiore quando si eseguono registrazioni che dovranno essere rielaborate
e miscelate in post-produzione. Solo in fase di mastering, ovvero di preparazione del supporto master,
dal quale verranno eseguite le copie o la distribuzione si dovrà eliminare il
margine superfluo di headroom agendo sul controllo master fader del nostro
software di editing o meglio ancora utilizzando la funzione “normalizza”.
Riassumendo
Meglio registrare a 24 bit
anziché a 16 bit.
Quando registriamo l’audio in
digitale trattiamo il livello del suono di -18 dBFS (24 bit) e -12 dBFS (16 bit) come l’equivalente del
valore 0VU dei vecchi sistemi analogici; è intorno a questi valori che il
segnale audio registrato dovrebbe oscillare, i picchi possono arrivare anche a
-6 dBFS (24 bit) e a -4 dBFS (16 bit). Solo in questo modo possiamo essere sicuri di avere
sotto controllo tutte le vostre tracce audio con cui stiamo lavorando e di non
rischiare tagli e distorsioni.
Tenere sempre il livello di
riferimento a -18 dBFS (24 bit) e -12 dBFS (16 bit) anche nei processi successivi
di post-produzione; infatti l’inserimento di plug-in (per esempio un
equalizzatore) potrebbero inserire picchi fantasma che superano i 6 dB di ampiezza. Anche
errori di inter-campione o la conversione di risoluzione (per esempio da 24 a
16 bit) o della frequenza di campionamento possono creare picchi fuori scala.
Tenersi sempre lontani dalla
soglia dei 0 dBFS, soprattutto se non si utilizzano dispositivi digitali professionali
e normalizzare il segnale audio solo nel momento in cui create il master per la
distribuzione.
Ricordatevi che se nella vostra registrazione viene inserito un
clipping non può più essere eliminato, la parte di segnale che viene tagliata è
persa e non recuperabile, ma ancor peggio sentirete un suono distort; meglio quindi
avere un margine di headroom sicuro e concentrarsi sulla cattura del suono.